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Fette morbide e rosate, un inconfondibile profumo che riporta all’infanzia, un sapore rotondo e delicato. È impossibile sbagliarsi, stiamo parlando del prosciutto cotto. Forse per la sua aria familiare e rassicurante, forse per la sua praticità, forse per la sua versatilità, forse perché è semplicemente buono: il prosciutto cotto è sempre una buona idea, che sia per imbottire un panino da dare ai bambini o per i vol-au-vent da servire agli ospiti in una serata casalinga. Tra tutti i salumi di cui l’Italia è generosa produttrice e sapiente consumatrice, il cotto si conferma ogni anno, a dispetto dell’ultimo gastro-trend, uno dei prodotti alimentari più amati dagli italiani.
Una passione tutt’altro che recente e tutt’altro che confinata tra esperti gourmet. Da quando più di duemila anni fa hanno iniziato a diffondersi sempre più nei banchetti dei romani dell’Urbe e di tutte le Province i piatti – spesso raffinatissimi e ricercati - a base di cosce di suino bollite, il viaggio del prosciutto cotto non ha più subito battute d’arresto e la sua preparazione, in molteplici e golose varianti, si è diffusa in tutto il mondo.
Non stupirà leggere che il prosciutto cotto, come ogni caposaldo della gastronomia italiana, ha alle spalle una storia molto antica.
Già Catone il Censore, politico illustre e prolifico scrittore del II secolo a.C., testimonia la pratica dell'essiccazione per conservare la carne delle zampe posteriori del maiale, pratica che determinerà il nome di questo nuovo prodotto alimentare. Se l’etimologia della parola è dibattuta, infatti, gli esperti concordano sul suo significato: prosciutto significa asciutto, privato dell’acqua.
Ma i primi a trattare la coscia del maiale con modalità di preparazione innovative, dando inizio a una tradizione che si sarebbe perfezionata nei secoli, furono probabilmente le popolazioni dei territori settentrionali dell’Impero Romano. Pare infatti che il prosciutto fosse una prelibatezza molto in voga nei banchetti delle province settentrionali dell’Impero e venisse importato in grandi quantità dalla Gallia Cisalpina, territorio che si sviluppa attorno alla Pianura Padana e nel quale ritroviamo, ancora oggi, i principali centri di produzione di questo salume. L’antenato del prosciutto cotto si preparava così: la coscia di suino veniva bollita sul fuoco in una sorta di brodo aromatizzato con foglie di alloro e fichi secchi. Dopo questa prima fase, la carne veniva cosparsa di miele e sottoposta a una seconda cottura, questa volta in crosta, pensata per intensificare sapori e profumi.
Quello che oggi è un prodotto di largo consumo, che dal reparto salumeria diffonde un profumo stuzzicante in tutti i supermercati e negozi di alimentari, alle origini della sua storia era considerato un vero e proprio bene di lusso, riservato alle occasioni speciali e di certo non accessibile a tutti. Qualche secolo dopo gli sfarzi dei banchetti romani, infatti, ritroviamo il prosciutto sulle tavole dei Signori rinascimentali, che ancora oggi, dalle tele su cui sono riprodotte, fanno gola al visitatore delle gallerie d’arte per la loro ostentata opulenza.
Al grande apprezzamento del prosciutto nei saloni da pranzo dei nobili seguì un altrettanto grande fervore nelle botteghe degli artigiani del cibo. Questi iniziarono a tagliare, cuocere, speziare, conservare la carne in una moltitudine di modi diversi, dando inizio a un’arte salumiera che assunse forme, nomi e sapori distinti a seconda della località. Ed è così che dal Medioevo a oggi in ogni regione si è sedimentata una specifica tradizione, fatta di intuizioni e di segreti che i mastri salumieri si tramandano e sigillano nelle ricette, rendendo unica ogni varietà di prosciutto.
Affettato amato da tutti, il prosciutto cotto viene favorevolmente considerato anche per l’infanzia. La ragione principale di tale preferenza anche per l’alimentazione dei bambini – sempre felici di vederlo in tavola - è da ricondurre proprio al fatto che la preparazione di questa tipologia di prosciutto prevede la cottura della carne. Il procedimento della cottura, che avviene delicatamente al vapore, consente di ottenere un gusto molto morbido e rotondo, oltre che una consistenza facilmente apprezzabile anche dai più piccoli. Un buon prosciutto cotto è dolce, facile da masticare e non crea difficoltà alla digestione.
Essendo un prodotto di origine animale, il prosciutto cotto è caratterizzato da una certa percentuale di grassi – che per altro sono in gran parte facilmente eliminabili da ciascuna fetta. Ma l’apporto nutritivo più interessante di questo prodotto deriva dalle proteine nobili (20 grammi per etto di prosciutto), che gli conferiscono, da questo punto di vista, qualità nutrizionali simili a quelle di una carne magra. Come vedremo parlando del metodo di produzione, il prosciutto deve necessariamente essere trattato con una soluzione salina che ne consente la corretta conservazione, caratteristica che conferisce al prodotto una certa quantità di sodio.
Tra le virtù del prosciutto cotto, va ricordato, inoltre, l’importante apporto delle vitamine del gruppo B, essenziali per mantenere efficienti e in salute diverse funzionalità dell’organismo. Buona anche la quantità di sali minerali, potassio, ferro (in 100 grammi c’è mediamente quasi il 10% del fabbisogno giornaliero di un adulto) e fosforo. Pur contenendo una certa quantità di zuccheri, che sono generalmente aggiunti alla salamoia nella fase di lavorazione della carne, la percentuale di carboidrati in una porzione di prosciutto cotto risulta trascurabile. La ricchezza e varietà dei nutrienti che si ritrovano in una fetta di prosciutto cotto rendono l’apporto calorico complessivo inferiore a quanto spesso si pensa: mediamente 215 kilocalorie per etto.
Come avviene di preciso la fase di cottura, il passaggio fondamentale che trasforma una coscia di suino in un prosciutto cotto? Come abbiamo visto, gli antichi romani immergevano direttamente la carne nell’acqua, per poi procedere con una seconda cottura. Nel corso dei secoli la tecnica si è affinata, finché non si è stabilita una nuova prassi basata su una cottura a vapore, lenta e a temperatura moderata, che permette di ottenere un livello di cottura uniforme fino al cuore della carne. Ma andiamo con ordine.
Si parte dalla scelta delle cosce, le parti più pregiate del maiale, che vengono classificate in base al peso e al rapporto tra carne magra e grasso. A differenza della spalla cotta, prodotto simile ma di qualità generalmente inferiore, il prosciutto cotto è infatti preparato con la zampa posteriore dell’animale, esattamente come il prosciutto crudo. La coscia viene quindi disossata a mano con un coltello e privata della sua parte più tendinosa, cercando di non intaccare l’integrità della massa muscolare. Essa viene poi rifilata, eliminando il grasso e la cotenna in eccesso.
Dopo un ulteriore controllo di temperatura e di peso, si passa alla siringatura: una serie di siringhe iniettano nella carne la salamoia, composta da acqua, sale e altre spezie, aromi e altri ingredienti che possono variare a seconda della ricetta. Dopodiché la carne viene massaggiata, per favorire la penetrazione della salamoia e per ammorbidire le fasce muscolari. Questa fase aiuterà a ottenere un prosciutto morbido, compatto e dalla tessitura omogenea. I sapori devono stabilizzarsi, è necessaria quindi una pausa prima di passare alla fase successiva.
Passate 24 ore, abbiamo le fasi attraverso cui il coscio di suino assume le sembianze che tutti conosciamo: la carne viene inserita in stampi di alluminio che conferiscono ai prosciutti la caratteristica forma compatta e tondeggiante, per poi passare finalmente alla cottura, dalla quale usciranno con il tipico colore rosa. Questa avviene in forni a vapore per preservare le proprietà organolettiche del prodotto e conferirgli il giusto grado di umidità. A questo punto il prosciutto può essere raffreddato, passaggio che richiede altre 24 ore, tolto dallo stampo e confezionato sottovuoto, per favorirne la conservazione. L’ultimo passaggio è la pastorizzazione, attraverso la quale si rimuovono eventuali batteri. A questo punto il prosciutto è riportato alla temperatura ottimale di conservazione e può essere distribuito. Più precisamente, dall’inizio del processo, di solito, viene lasciato riposare per due settimane prima di procedere alla spedizione.
Si contano sulle dita di una mano le aziende che controllano l’intera filiera nel nostro Paese e fanno in modo che gli animali nascano, vengano allevati, macellati e lavorati in Italia: è il caso di Levoni, i cui prosciutti possono definirsi orgogliosamente 100% italiani. Certo, l’etichetta Made in Italy già di per sé è considerata garanzia di qualità, ma bisogna precisare che, quando parliamo di prosciutto cotto, c’è qualità e qualità. La legge italiana, proprio sulla base della qualità, prevede tre categorie di prosciutto che devono essere distintamente segnalate sulla confezione, dando vita a una varietà di consistenze, profumi e sapori.
Requisito del “prosciutto cotto” senza ulteriori precisazioni è che deve avere un livello di umidità minore o uguale all’82%. Questo tipo di prosciutto può essere composto da diverse parti della coscia precedentemente tagliate e riassemblate all’interno dello stampo: ne è un esempio il Prosciutto cotto Jolly di Levoni. Il gusto fresco e deciso di questa varietà lo rende adatto all’utilizzo in diverse preparazioni che prevedono una presentazione del prosciutto a cubetti o a fette più spesse, ma è anche la farcitura perfetta per un classico toast.
Affinché un prosciutto cotto possa essere definito “scelto”, invece, è necessario che la carne abbia mantenuto un’integrità tale da poter identificare almeno tre dei quattro fasci muscolari della coscia, e che l’umidità sia uguale o inferiore al 79,5%. In questa categoria, troviamo i classici Prosciutto Cotto Scelto Corona Levoni e Prosciutto Cotto Scelto Alfiere Levoni, impreziositi da ingredienti in grado di donare al prosciutto un sapore unico: con sentore di miele di zagara, tartufato, arrosto, affumicato o alle erbe provenzali. Presentato in fette dello spessore di circa 1 millimetro, il cotto scelto diventa protagonista di aperitivi gourmet, da abbinare a verdure o formaggi.
L’apice della piramide qualitativa è rappresentata dal prosciutto cotto “alta qualità”. Un prosciutto rientra in questa categoria se il tasso di umidità non scende sotto il 76,5%, e anche in questo caso tre muscoli su quattro devono essere ben identificabili. Nel prosciutto cotto Alta qualità sono la materia prima e una lavorazione a regola d’arte a fare la differenza. Un prosciutto con queste caratteristiche non ha bisogno di necessariamente di ingredienti di accompagnamento: può essere valorizzato con un taglio non troppo sottile, magari al coltello, e degustato insieme a un vino rosso speziato. In Levoni, la massima espressione di quest’ultima categoria è realizzata da mastri salumieri esperti che dedicano a carni selezionate una lavorazione sapiente, come nel caso del Prosciutto Cotto Alta qualità Corona e del Prosciutto Cotto Alta Qualità L’Artemano. Un processo lungo e certosino, caratterizzato della stessa passione che ha convinto Ezechiello Levoni, più di cent’anni fa, a far le cose a modo suo, perché fossero fatte per bene. Il risultato lo possiamo vedere ancora oggi nei prodotti d’eccellenza, come i prosciutti che portano il suo nome, frutto di un’eredità di famiglia, custodita con entusiasmo e dedizione.
Il prosciutto cotto, per la sua bontà e praticità, è spesso la scelta più naturale quando si organizza un picnic, un pranzo al sacco o uno spuntino veloce. Il cotto è, in poche parole, il companatico per eccellenza.
Ma tra tutti i salumi, il prosciutto cotto è anche uno dei più versatili in cucina, e non esaurisce le sue potenzialità quando viene messo tra due fette di pane. Espressione di una cucina confortevole e casalinga, il prosciutto è spesso utilizzato nelle ricette rivolte soprattutto ai bambini, magari per rendere più appetitoso un piatto di verdure. Può essere coperto di scamorza e fungere, per esempio, da deliziosa camicia per avvolgere dei fagiolini; può arricchire dei sughi, una parmigiana di melanzane o una pasta ripiena; può dare sostanza al ripieno di gâteau di patate o torte salate. È un classico l’accostamento alla besciamella, soprattutto come farcitura per le crespelle: il profumo che sprigiona il forno durante la loro gratinatura riporta subito ai pranzi domenicali in famiglia.
Per aperitivi e antipasti golosi, si può preparare una mousse di prosciutto cotto scelto con cui guarnire crostini o focacce: basta frullarlo insieme a un formaggio cremoso, sale, pepe e il gioco è fatto, con l’aggiunta, perché no, di un bicchierino di Brandy. Restando in tema aperitivo, poche torte rustiche sono irresistibili quanto la parigina napoletana, che come ingrediente fondamentale ha proprio il prosciutto cotto, accompagnato dal caciocavallo sotto un croccante strato di pasta sfoglia. Soprattutto nelle sue versioni aromatizzate, può essere un’idea originale utilizzare il prosciutto cotto anche per arricchire un’insalata: basta tagliarlo più spesso e magari passarlo velocemente sulla griglia per tirarne fuori tutti i profumi.
Come ogni salume però, anche il prosciutto cotto di qualità dà il meglio di sé quando è gustato in purezza. È nella sua forma più naturale che questo salume dall’inconfondibile delicatezza ha potuto appassionare i romani prima, gli invasori poi, ed è arrivato ai giorni nostri rimanendo una presenza costante sulla lista della spesa di moltissime famiglie. Accostato a un succo di frutta a colazione, una birra a pranzo o un bicchiere di vino a cena, c’è bisogno davvero di poco altro per gustarsi un pasto di tutto rispetto. L’equilibrio ottenuto grazie all’incontro della carne con la soluzione salina in un lento massaggio e il gusto morbido e delicato che ne deriva, spiegano perché il cotto ricopra da sempre un posto d’onore sulle tavole degli italiani, e spiega anche perché questo salume è capace come pochi altri di risvegliare la nostra sfera più intima, quella connessa alla dolcezza dei ricordi più preziosi.
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